CSM, Frank Cimini denuncia l’uso “personale” della Giustizia

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Fughe di notizie e violazioni del segreto investigativo. Soldi e regali per “influenzare” indagini e sentenze. Pressioni e ricatti politici per condizionare le nomine dei magistrati nelle varie procure. Il Csm, negli ultimi tempi, sta dimostrando che dietro il paravento dell’autogoverno, fin troppo spesso, si nasconde un sistema che poco o nulla ha da invidiare agli impuniti della Prima Repubblica.

A rammentarlo è (anche) Frank Cimini, uno dei migliori cronisti giudiziari d’Italia, per oltre 25 anni inviato del Mattino al Palazzo di Giustizia di Milano. Un giornalista che ha vissuto gli anni di Tangentopoli, tanto per capirsi. Quindi sa di cosa parla quando, su Facebook, scrive:

“Io non ho le password per accedere alle chat dei magistrati ma alcuni di loro mi riferiscono che sta dilagando il caso del pm milanese con importante incarico che vestito da volpe con doppia coda aveva chiesto di non essere formalmente identificato durante un controllo di polizia in un locale. Insomma ne discutono in privato. I comuni mortali per sapere devono aspettare gli eventi. Intanto litigano tra loro perché ovvio c’è chi minimizza e chi dice che bisognerebbe procedere. Quasi quasi siamo al bis del caso di tre estati fa… nelle chat le toghe passarono tre giorni a parlare di corna dopo che un messaggio a luci rosse di un membro togato del CSM era finito per errore alla moglie. Lui disse che gli era stato sottratto lo smartphone e su pressione della consorte presentò pure formale denuncia. Purtroppo quel giorno risultarono non funzionanti le telecamere del circuito interno, la denuncia fu archiviata perché non fu trovato il responsabile del presunto molto presunto furto. Procura di Roma e CSM insabbiarono il caso. Accadrà anche per la storia della volpe a due code?” 

Il riferimento è all’episodio, denunciato da “Il Giornale” lo scorso luglio, in cui, durante un blitz antidroga in un elegante club gay, furono chiesti i documenti a tutti i presenti, tra i quali un famoso Pubblico Ministero (totalmente estraneo allo spaccio di droga).

Per carità, ognuno nel privato fa quello che vuole. Peccato però che in quell’occasione il Pm – che durante il festino era “vestito” da volpe con doppia coda – avesse chiesto alla Polizia di non essere identificato.

L’essersi esposto a situazioni di ricattabilità, l’aver messo a rischio l’onorabilità della categoria e, soprattutto, l’aver invocato un “trattamento di favore” ancora non bastano per limitare, in qualche modo, i privilegi autoconcessisi della categoria?

 

 

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