Il Covid-19 non ferma i pirati nella HRA: il ruolo-chiave di G7 International

I pirati che assaltano le navi nella High Risk Area (compresa tra la fine del Mar Rosso e buona parte dell’Oceano Indiano), non si fermano neppure davanti alla pandemia del coronavirus. Gli attacchi continuano e le marine militari dei vari paesi frontalieri non riescono a pattugliare adeguatamente una porzione di mare tanto vasta. Così, l’unica soluzione concreta che consenta a bastimenti e cargo di mettersi al sicuro, continua ad essere quella di affidarsi alle società private che operano nel campo della sicurezza. Per le navi italiane (ma non solo),  la leadership del settore è garantita dalla G7 International, che difatti, anche in queste difficili settimane, è all’opera nella HRA.

In un comunicato-stampa, dopo aver rivendicato il merito di essere “l’unico operatore italiano” ad operare, G7 International (www.g7internationalsecurity.com) afferma: “nonostante il problema Covid-19, che comporta notevoli limitazioni nella movimentazione del personale, la società è riuscita a posizionare diversi team nell’area per garantire la protezione delle navi italiane. La centrale operativa di G7 International -conclude la nota – mette a disposizione degli associati di CONFITARMA che operano nell’area ad alto rischio, i propri servizi ed il proprio supporto come punto di riferimento del settore in questo momento di grande criticità”.

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Covid19 e figuracce all’italiana: il soccorso dell’ambasciata delle Filippine alle infermiere “positive”. La casa di cura romana Giovanni XXIII, gestita da un ordine religioso di suore, è finita nell’occhio del ciclone per i contagi da coronavirus che hanno portato alla morte di alcuni anziani ricoverati. Ma anche perché ben sette (per ora) infermiere filippine sono risultate “positive”. E subito poste in quarantena in un pensionato di Ottavia. Bene, peccato che queste professioniste siano state anche messe “a stecchetto” per quanto riguarda pasti e bevande. Le suore, si sa, sono notoriamente di “braccino corto”. E così, alle poverette non è rimasto altro da fare che chiedere aiuto alla loro ambasciata. Detto, fatto. Perché le Filippine saranno pure sotto il tacco del terribile presidente Duterte (quello che favorisce e tollera i metodi piu spicci contro criminali e spacciatori), ma lo Stato protegge “all’americana” i propri cittadini che lavorano all’estero. E ora le sette povere infermiere “positive” hanno finalmente di che alleviare l’isolamento coatto con cibo, dolci e bevande a volontà. Almeno quello…Da noi, nella capitale, tutto procede invece come al solito. Basti pensare che alcuni anziani da sottrarre al covid19 sono finiti in una “chiacchieratissima” clinica sulla Nomentana, i cui amministratori sono sotto inchiesta da anni per le accuse di incuria seguita da morte di altri degenti. Ma possibile che neanche che un’emergenza epocale come questa del coronavirus riesca a stroncare certi traffici sulla pelle dei pazienti più deboli e a rischio? Possibile che perfino Duterte e la sua ambasciata a Roma ci facciano collezionare figuracce?
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