Papa Francesco e il “giallo” della scomunica al Gemelli: smantellare la loggia, non le eccellenze per favorire il Bambin Gesù

La “crociata” di Papa Francesco contro gli inquinamenti massonici nelle istituzioni cattoliche è ben nota. Il Pontefice uscì allo scoperto già un anno fa, rivolgendosi al cardinale Burke, allora patrono del Sovrano Ordine dei Cavalieri di Malta.

Riferendosi alla massoneria, il Papa scriveva esplicitamente: “Si inviteranno i cavalieri che fossero membri di tali associazioni a ritirare la loro adesione, essendo incompatibile con la fede cattolica e l’appartenenza all’Ordine“.

Ora, non è certo un mistero che importanti “primi livelli” universitari e clinici della Cattolica e del Policlinico Gemelli facciano parte di logge massoniche. C’è questo dietro la manifesta contrarietà del Papa a farsi vedere nel nosocomio? Ipotesi, a questo punto, più che legittima. Che peraltro “Sassate” ha avanzato da mesi (vedi), senza ricevere alcuna smentita.

Ma l’aspetto più sconcertante della vicenda non riguarda tanto la conferma o meno del l’adesione alla massoneria di medici e cattedratici di punta della Cattolica e del Gemelli, quanto piuttosto il “come” quei vertici stiano tentando in ogni modo di dimostrare la sottomissione ai desiderata del Vaticano per riuscire ad ottenere l’indulgenza papale.

E ad andarci di mezzo sono alcune note eccellenze del Gemelli, soprattutto i servizi pediatrici, che voci sempre più insistenti danno in via di smantellamento. Il tutto ad esclusivo vantaggio del Bambin Gesù, che da tempo il Vaticano (sin da quando segretario di Stato era il cardinal Bertone) vuole far diventare l’unico polo sanitario dedicato all’infanzia.

PRONTO SOCCORSO PEDIATRICO — L’indiscrezione più inquietante riguarda proprio questa struttura, inaugurata meno di un anno e mezzo fa (25 gennaio 2017) ed ora a rischio soppressione. Attivo 24 ore su 24, e’ dotato di un accesso riservato (e separato da quello degli adulti) per le ambulanze e le auto private, ma anche di un “triage” appositamente dedicato e di due sale di visita, una delle quali prevede la possibilità di isolare i pazienti infettivi. Per non parlare della “sedation room”, cioè di un’altra sala dove vengono effettuate procedure mediche in sedazione indolore, contenendo nei bambini l’ansia e la paura legate a questo genere di interventi. Insomma, una struttura all’avanguardia, che però rappresenta qualcosa di più che competitivo per l’ospedale sul Gianicolo. Smantellarla sarebbe un vero e proprio “harakiri”, ma tant’è. Malgrado l’incremento massiccio degli accessi pediatrici ((anzi, forse proprio per questo) i dirigenti del Gemelli sembrano pronti a sacrificarla.

TERAPIA INTENSIVA PEDIATRICA — Attigua al Pronto Soccorso, pare destinata ad analoga sorte, nonostante la presenza in ospedale di tutte le specialità della fascia infantile e di un eliporto funzionante h. 24 per i trasporti d’emergenza.

REGIONE LAZIO — Tutto questo è stato reso possibile grazie ai fondi stanziati dal governatore Zingaretti in occasione del Giubileo della Misericordia. Ecco, su queste voci, la Regione Lazio non ha proprio nulla da dire? Perché i finanziamenti furono stanziati proprio per fare del Pronto Soccorso Pediatrico del Gemelli “il punto di riferimento non solo per il territorio di Roma e provincia, ma anche di tutto il territorio regionale ed extra-regionale, mettendo al servizio dei pazienti pediatrici – annunciava trionfante l’ufficio stampa del nosocomio il 25 gennaio 2017 – una vasta gamma di eccellenze e competenze proprie dell’età pediatrica”. Certo, come no.

CHIRURGIA E ONCOLOGIA PEDIATRICA — Ma lo smantellamento pro-Bambin Gesù non finisce qui. Perché ce n’è un altro in corso, più subdolo e strisciante: il depotenziamento attraverso accorpamento dei reparti della chirurgia e dell’oncologia pediatrica. Prima c’è stato, nel silenzio più assoluto, il ridimensionamento della Divisione di Oncologia Pediatrica attraverso il declassamento da Unità Operativa Complessa ad Unità operativa semplice (con conseguente riduzione del personale medico ed infermieristico). Ed ora, si fanno sempre più insistenti -da parte degli specialisti di altre discipline- gli interessamenti a poter occupare i prestigiosi spazi di accoglienza dell’oncologia. Spazi che sono un vero e proprio fiore all’occhiello del Gemelli e che sono stati ristrutturati con fondi della Banca d’Italia (altra istituzione stranamente indifferente) e altri generosi donatori. E non si tratta certo di locali dedicati alla parte medico-scientifica o alla ricerca, ma finalizzati ad alleviare la sofferenza di bambini e adolescenti affetti da patologie tumorali.
Ecco perché si sta diffondendo un clima di allarme tra le fila delle numerose associazioni dei familiari di questi piccoli pazienti, che da anni affiancano l’opera dei sanitari (anche attraverso il reperimento e la gestione di appartamenti vicini al Gemelli dove poter ospitare chi viene da fuori Roma, soprattutto dal Sud), proprio con l’obiettivo di garantire non solo prestazioni di eccellenza clinica, ma anche la qualità della vita durante le ripetute fasi di ricovero.
E preoccupa che tutto ciò possa accadere nonostante l’esistenza nel nosocomio di un Centro di Neuro-Oncologia pediatrica di comprovato valore, in grado di offrire ai piccoli pazienti affetti da tumori cerebrali – a differenza del Bambin Gesù- una competenza altamente qualificata in radiodiagnostica, radioterapia, neurochirurgia infantile, oltre a terapie innovative, riabilitazione, assistenza psicologica ai bambini e ai loro familiari.
Così, il sospetto si fa più forte: non sarà forse proprio per questo che si spinge per il ridimensionamento ed il declassamento?

MATER OLBIA — Se da una parte si lavora al Gemelli per favorire il Bambin Gesù (anche attraverso mirate campagne dei media per esaltare solo e soltanto i risultati di quell’ospedale), dall’altra prosegue la mobilitazione per arrivare il prima possibile ad accaparrarsi la simpatia e la gratitudine del numero 3 della gerarchia vaticana: il sostituto della Segreteria di Stato Angelo Becciu, sardo di Pattada e tra i più influenti collaboratori di Papa Francesco. L’ospedale Mater Olbia sembra fatto apposta per raggiungere questo scopo e sperare poi in una mediazione con il Santo Padre.
I primi ambulatori dovrebbero diventare operativi già dal prossimo mese di giugno. Questo l’annuncio del direttore generale del Gemelli, Marco Elefanti, il manager che ha preso il posto dello stimatissimo Enrico Zampedri e che ora occupa anche la poltrona di amministratore delegato della società che gestirà il Mater Olbia. Una strana società, controllata al 60 per cento dal Qatar e per il restante 40 dall’ospedale cattolico romano. E questo collegamento con un paese arabo sospettato di fiancheggiare il terrorismo islamico, è un altro motivo di inquietudine da parte delle gerarchie vaticane, inquinamenti massonici a parte.
Anche perché non sono sfuggiti certi curiosi trattamenti preferenziali per principesse e aristocratici bambini arabi proprio all’interno dei reparti “solventi” del Gemelli.
Insomma, la strada per arrivare al ritiro della “scomunica” papale, sembra ancora molto lunga e irta di ostacoli.

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