Rosy Bindi, l’antifascista che rimpiange le leggi fasciste contro la massoneria

Ci mancava la categoria del pensiero della fiera pasionaria antifascista che rimpiange le leggi fasciste. Nella fattispecie quelle del codice Rocco contro la massoneria. Adesso sappiamo che la presidentessa uscente della Commissione parlamentare Antimafia, Rosy Bindi, ha colmato questa lacuna.

E infatti, in nome della lotta alla mafia in cui il fine è giustificato dai mezzi (ogni mezzo, si sarebbe portati a credere) ecco che la Giovanna D’Arco di Sinalunga, nella propria relazione finale su cinque anni di presidenza della Commissione antimafia, se ne esce con questo periodo: “… non si vuol di certo auspicare il ripristino delle disposizioni fasciste sopra riportate, sebbene, non va dimenticato che, accanto a coloro che perseguivano evidenti volontà illiberali, insigni giuristi apprezzavano tali normative che, per l’eterogenesi dei fini tipica delle leggi, garantivano comunque un sistema di conoscenza e di trasparenza”.

Che dire di più? La frase presa para para dalla relazione ce l’ha fatta conoscere il Gran Maestro del Grande oriente d’Italia Stefano Bisi nella propria lettera aperta pubblicata oggi dal “Tempo”.

Seguendo la logica dell’eterogenesi dei fini, a questo punto, perché non ripristinare anche i metodi del prefetto Cesare Mori nella lotta alla mafia? Avevano funzionato benissimo.

E, visto che la Bindi si è tolta la maschera del fascismo degli anti fascisti, tanto varrebbe fare tutta un’infornata. Della serie: “quando c’era Lui, cara Lei”.

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