Il “caso Piombino”, ovvero “Io so’ io, e voi nun siete un c…o”: la lezione del Marchese del Grillo alla siderurgia italiana

Il “caso Piombino”, ovvero “Io so’ io, e voi nun siete un c…o”: la lezione del Marchese del Grillo alla siderurgia italiana

18 luglio 2025

Fra le scene indimenticabili del cinema italiano c’è quella in cui Alberto Sordi, nei panni del Marchese del Grillo, un nobile romano amante di scherzi e bagordi, alla fine di una serata di divertimento, si ritrova arrestato insieme a un gruppo di popolani. La ronda della polizia pontificia non fa sconti e li trascina via tutti. Ma appena uno degli agenti riconosce l’aristocratico, la situazione cambia di colpo: Sordi viene liberato senza esitazioni, mentre gli altri restano in manette.

È in quel momento che, con tono beffardo e lo sguardo altezzoso, si gira verso i compagni d’arresto e pronuncia una delle battute più celebri, taglienti e amare della storia del cinema:
“Mi dispiace… ma io so’ io, e voi nun siete un c…o!”

La scena torna d’attualità in questi giorni nel mondo dell’acciaio. Dove una parte dell’assetto confindustriale ha aperto un nuovo fronte di polemica, quello contro il progetto siderurgico di Piombino, promosso dalla ucraina Metinvest insieme all’italianissima Danieli.

Le critiche, che si presentano a nome dell’intero sistema industriale italiano, riflettono l’opinione di un ristretto, anzi ristrettissimo, circolo, che ispirandosi al celebre Marchese interpretato da Alberto Sordi, da anni ostacola l’innovazione nella siderurgia italiana.

Fuor di metafora, è il tentativo di tutelare la posizione di vantaggio delle poche acciaierie elettriche (5/6, non di più), in netto contrasto con gli interessi dei 30mila operatori del settore, che potranno beneficiare di maggiore concorrenza quando il progetto Piombino diventerà realtà.

Lo testimonia la posizione favorevole al progetto di Piombino mostrata da Assofermet, associazione che rappresenta quasi 500 aziende attive nel commercio e nella produzione di acciai, metalli e rottami.

Peraltro più di una voce a favore dell’acciaieria toscana serpeggia dentro la stessa Federacciai, il cui presidente ha assunto il ruolo di crociato anti-Piombino, senza che sia mai stato chiaro se l’intera base associativa condivida quella posizione (basti considerare che sia Metinvest che Danieli hanno aziende iscritte a Federacciai).

Su 130 soci di Federacciai, infatti, la maggioranza è composta da tubisti, rilaminatori e centri servizio, aziende che comprano coils, cioè rotoli di materia prima metallica da usare per le loro lavorazioni. È difficile credere che siano contrari a un progetto che garantirebbe loro approvvigionamenti stabili, rapidi e nazionali.

Del resto per tutta la filiera industriale la nascita di un polo dell’acciaio a Piombino è una buona notizia. L’Italia importa infatti 6 milioni di tonnellate di coils ogni anno, da fornitori europei ed extraeuropei. Un vincolo pesante per piccole imprese, rilaminatori e centri servizio, che affrontano costi alti, tempi lunghi e problemi di pianificazione. Avere un produttore nazionale in grado di consegnare in tre settimane invece che in tre mesi è un vantaggio evidente.

L’altra obiezione che fa chi avversa il progetto Piombino è che assorbirebbe tutto il rottame italiano. Ma – risponde il popolo dell’acciaio – la verità è che l’Europa esporta 18 milioni di tonnellate di rottame all’anno, che diventeranno 25 milioni entro il 2030 (dati certificati dalla Unione Europea e da tutti gli analisti internazionali incluso il centro studi di Siderweb che è il centro studi di riferimento per la Federacciai).

Il fabbisogno di Piombino peraltro sarà coperto interamente con forniture estere già contrattualizzate, grazie anche a una banchina portuale dedicata per far arrivare il materiale, perciò anche in questo caso è un argomento che non tiene.

Insomma, come sempre nell’Italia delle aristocrazie industriali c’è chi prova a frenare il cambiamento per mantenere i propri privilegi.
Perché la frase-scherno del Marchese del Grillo va sempre di moda.